Inizia oggi il percorso delle Dodici Notti, un cammino di conoscenza e
rinascita che si sviluppa dall'interno all'esterno di noi stessi. Per
arrivare a conoscerci (... o almeno provarci!) è necessario scendere nel
profondo, nell'oscuro con cui la stagione fredda (
col suo letargo)
ci obbliga a venire a patti. Sarà poi attraverso questa nuova
com-prensione che potremo vivere con maggiore consapevolezza e serenità
il rapporto con l'Altro, con il Cosmo e con tutto ciò che ci circonda.
Si tratta di incontrarsi con l'Alfa e l'Omega, con
Eros e
Thanatos,
col principio della Vita e con quello della Morte che, insieme,
garantiscono la sopravvivenza - secondo le regole di Natura - del nostro
Universo. Si tratta di morire per auto-rigenerarsi, attraverso un
percorso iniziatico che prevede di affrontare tutte le forze e le zone
oscure della nostra anima (le dodici tappe).
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Immagine di Sulamith Wulfing |
Non a caso, nel mondo germanico e anglosassone, la notte del 24 dicembre era chiamata
Modraniht o
Modra Nacht,
ovvero la "Notte delle Madri", ed era dedicata al culto delle divinità
femminili che, come ormai sappiamo, presiedevano tanto alla vita quanto
alla morte.
Anche in area mediterranea, in particolare nella Grecia antica, nel
periodo solstiziale si svolgeva ad Eleusi l'Αλῷα, un insieme di
celebrazioni e sacrifici in onore di Demetra e di tutte le donne non più
vergini (sposate e cortigiane). Demetra e Persefone sono le dee greche
che compiono lo stesso percorso di Iside, di Inanna e di tante altre
divinità femminili: scendono negli Inferi per risorgere a nuova vita,
con nuove capacità prolifiche. (Secondo Marguerite Rigoglioso, nel suo
volume
Partenogenesi - Il culto della nascita divina nell'antica Grecia,
la melagrana, di cui Persefone si nutre appena prima di tornare sulla
terra, sarebbe simbolo della capacità di partenogenesi della dea...)
Il significato delle Dodici Notti è dunque quello della
discesa-specchio, che ci condurrà ad una "morte" finalizzata al
riaffermarsi della Vita.
Mi viene in mente, a tale proposito, anche il rituale buddhista del
Chod, che più volte ho trovato menzionato nei libri che ho letto
quest'anno (casualità?). Secondo il Chod, l'unica strada possibile per
l'accettazione del nostro lato oscuro (e dunque per una vera crescita
interiore) consisterebbe nello scendere a ri-conoscere i nostri demoni
personali. Demetra George, nel suo
I misteri della Luna oscura, ne propone un'interpretazione affascinante (che forse avevo già citato su queste pagine virtuali):
«Dobbiamo richiamare il nostro demone dal cortile dove l'abbiamo
affamato [...]. Dobbiamo accoglierlo nel tepore della nostra cucina e
nutrirlo con alimenti che guariranno le sue ferite, dovute al rifiuto».
La "lotta" che dobbiamo compiere durante le Dodici Notti (simboleggiata
anche dai tanti rituali di "caccia selvaggia" sparsi qua e là nel
folklore) non è un autoannientamento, una lacerazione fine a se stessa
del nostro Io; bensì una battaglia dia-logica fra gli opposti e le
diverse forze, destinata a chiudersi - sempre - col riaffermarsi della
Vita e con la nostra apertura verso il mondo.
Eloisa Massola (articolo pubblicato anche sul blog
Sapevo danzare alla Luna)