giovedì 21 luglio 2016

Alchimia: l’Arte Regale del finito e dell’infinito

Potrebbe sembrare sciocco, per non dire assurdo ed inutile, trovarsi a parlare di alchimia oggi, nel XXI secolo, epoca padroneggiata dalla scienza e dalla fede disarmante che l’uomo nutre per in essa. Eppure, sono molti ancora oggi ad occuparsi dell’Arte Regia, una disciplina tanto rigorosa quanto misteriosa e profondamente sconosciuta: i segreti della Natura sono ancora nascosti in questa criptica scienza, capace di unire fisica e metafisica in un solo interminabile amplesso. L’Alchimia non ha quasi nulla da spartire con la scienza moderna: “quasi”, perché in verità la parte più speculativa degli scienziati è molto più alchemica, filosofica di quanto non si pensi! È una questione di approcci e vediamo di capirne qualcosa di più. Se la scienza pretende l’applicazione rigorosa del “metodo” da parte di ogni sperimentatore, l’alchimia possiede un metodo ancor più rigoroso che però non gode della ripetibilità: è soggettivo, individuale. Come dire: il metodo di ricerca è sempre lo stesso, ma i risultati riescono solo a qualcuno, mentre qualcun altro rimarrà deluso! Questo, per uno scienziato è inammissibile perché non dimostra la verità oggettiva degli esperimenti. L’alchimia, invece, segue una prospettiva diversa: è una disciplina individuale, fondata tanto sulla spiritualità quanto sulla sperimentazione empirica. Perciò, gli ambiti di ricerca sono differenti.


Passiamo a fare chiarezza più nello specifico sull’alchimia, dopo questa breve introduzione. L’alchimia nasce nell’Antico Egitto, dove veniva associata al “khem”, la “terra nera” del Nilo che, una volta seccata, nutriva col suo sale prezioso la terra, fertilizzandola e dandole vita (curioso notare che il biblico Cam, fratello di Sam e Jafet, figli di Noè, derivi il suo nome proprio dal khem egizio…). La parola “alchimia” è stata poi consolidata dagli arabi, passando attraverso al greco antico, con la connotazione di “sale” (al-kymia ossia il-sale): infatti, l’alchimia, in fondo, è l’arte di concepire e manipolare i sali. È una filosofia della natura (nome antico della moderna fisica), che medita sulle prerogative del mondo naturale interpretandole con una prospettiva spirituale. In realtà, l’alchimia è una scienza millenaria le cui origini sono sconosciute: già i grandi sacerdoti egizi erano eredi di qualcun altro. Eppure, gli egizi realizzarono maschere funerarie di oro alchemico così puro da sbalordire ancora oggi i chimici per la loro perfezione! Cosa faceva dunque un alchimista? Osservava, meditava, “pregava” (ossia meditava, entrava in uno stato di coscienza più profondo della veglia) ed operava in laboratorio. L’alchimista concepiva il mondo naturale fondandolo sui 4 elementi: fuoco, aria, acqua e terra (in ordine discendente), cui si applicavano i tre principi assoluti del cosmo, ossia zolfo (o anima, principio volatile), mercurio (o spirito, principio liquido) e sale (o corpo, principio fisso). Secondo l’alchimista, il cosmo era ordinato (kosmos significa proprio “ordine”) secondo questi principi naturali, applicati da Madre Natura ai quattro elementi fondamentali. Tutto qua: chi sapesse scovare il segreto della combinazione e del funzionamento di questi principi avrebbe avuto in mano la chiave dei misteri del mondo. Questo cercavano i filosofi della natura: conoscenza.

Joseph Leopold Ratinckx, Der Alchemist

Cosa dire, poi, in merito alla leggenda per cui l’alchimia è l’arte di mutare i metalli in oro? Questa è una metafora reale: l’oro si può tranquillamente fare su un fornello in casa propria, se il padrone di casa conosce le operazioni della Natura ed ha conquistato un livello di spirito sufficientemente elevato! All’alchimista non interessa minimamente la ricchezza materiale: interessa la conoscenza, il connubio perfetto di ragione e sentimento. L’alchimista sa che la materia fisica è “impura” e la sua Grande Opera consiste in un percorso di purificazione continua, fino alla meta finale: se parliamo di “uomo”, la purificazione di se stesso, se parliamo di materia la mondatura delle materie “vili” nella più preziosa, l’oro! Nelle prossime uscite approfondiremo meglio questi concetti di filosofia alchemica, perché il lettore possa apprezzare al massimo e magari intraprendere la ricerca. Ma è bene sin da ora spiegare ancora una cosa: l’alchimia è un percorso iniziatico, non ammette alcun tipo di “frivola passione”, ma solo un “eroico furore”. Chiunque non senta il richiamo di dedicare le sue ricerche all’Arte Regia non potrà mai ottenere nulla di profondo da essa: l’alchimia si “difende” da sé. Nella storia, moltissime persone anche molto potenti (re, imperatori, papi!) hanno tentato di sondarla per ottenere ricchezze, ma hanno avuto scarsissimi risultati, se non addirittura danni: perché? Perché non si può ingannare se stessi: solo chi è guidato dalla “bona via” ha lo spirito adeguato per seguire le ali di Mercurio. Ecco il motivo di tanta speculazione, tanta miscredenza, tanta cialtroneria intorno all’alchimia. Eppure, “lavoro di donne e gioco di bambini”, l’alchimia è alla portata di tutti: bisogna capire se si è pronti mentalmente, spiritualmente, coscientemente. Basta un po’ di comune sale da cucina, dell’acqua ed una pentola sul fornello per intraprendere una delle tante vie messe a disposizione dalla Grande Madre Iside (la Natura…), per iniziare a concepire i segreti del cosmo: ma per lo più, pentola, acqua e sale per noi semplicioni sono termini che preludono a un bel piatto di pasta col sugo…! Eppure, anche la cucina, se intesa da filosofi, è figlia di Mercurio… Un esempio pratico? Un alimento che tutti adottano in cucina è l’aceto, prodotto della fermentazione del vino. In alchimia, le tre fasi della Grande Opera, ovvero Nigredo, Albedo e Rubedo, sono rappresentate, a seconda della via che si sta seguendo, da operazioni pratiche che in primis decostruiscono la materia e poi la ricostruiscono migliorata: la fermentazione è una di queste e si pone a livello della Nigredo (o “opera al nero”). Ebbene, l’aceto importantissimo in alchimia: esso è utile per catturare l’anima dei metalli e dei minerali. Sciocchezze? Basta provare. Ad esempio, il mercurio, prima di essere usato per qualunque operazione, va “mondato”, ripulito in un bel bagno di aceto concentrato. Questo bagno ripulisce il mercurio dalle sue fecce e consente all’alchimista di usarlo per varie operazioni di laboratorio. Si pensi solo al fatto che persino alcuni scienziati del Cnr (centro nazionale di ricerca) abbiano seguito questi passi per dimostrare che il mercurio contiene oro! Un altro minerale che si sposa bene con l’aceto concentrato è l’antimonio, da cui si può ottenere la Pietra Filosofale, come ben spiegato in alcuni testi alchemici del maestro Basilio Valentino. L’antimonio sbriciolato viene lasciato in bagno, in “ammollo” nell’aceto che ne cattura la sua essenza minerale, per poterlo poi usare anche come antico rimedio farmaceutico (il leggendario “olio di antimonio”, capace di guarire malattie anche gravi). Non solo: il bagno in aceto, e poi l’aggiunta di altri minerali di determinata colorazione, consentiva agli antichi maestri costruttori delle cattedrali gotiche di realizzare quei favolosi vetri splendidamente colorati che possiamo ammirare negli edifici medievali. Quel vetro, che ancor oggi si chiama “vetro cattedrale” (pur non essendo più realizzato come nel medioevo) era effettivamente fatto di antimonio fuso. Nei prossimi articoli racconteremo qualche proprietà dei metalli e dei minerali, del loro uso e tratteremo qualche simpatico esperimento da sviluppare in modo semplice anche in casa, utilizzando l’acqua (della quale parleremo a parte, meritando essa un capitolo a sé).

Paolo Pulcina
(Articolo pubblicato sul numero di marzo 2015 della rivista "Mistero")

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