martedì 13 febbraio 2018

«I nemici di un popolo sono coloro che lo tengono nell’ignoranza»

Un ricordo di Thomas Sankara

Era il 15 ottobre 1987 quando Thomas Sankara, conosciuto prosaicamente come il Che Guevara africano, venne assassinato durante una lezione sportiva pomeridiana, dai suoi stessi comagni di rivoluzione.
Il giovane capitano diventò presidente del Burkina Faso (allora Alto Volta), la “terra degli uomini integri”, il 4 agosto 1983 con un colpo di stato e da quel momento mise in atto una vera e propria ristrutturazione rivoluzionaria nel suo Paese: nazionalizzò le terre e le distribuì ai contadini, statalizzò le ricchezze minerarie, avviò campagne di alfabetizzazione e vaccinazione, si scontrò con gli organismi finanziari internazionali, promuovendo di non pagare il debito estero, promise l’autosufficienza per evitare di vivere dell'aiuto esterno e stimolò, così come nessuno ha mai fatto in Africa, i diritti della donna.

Ma, al di là del mito, chi era Thomas Sankara in realtà? Chi lo ha conosciuto bene e ha condiviso con lui le stesse speranze e gli stessi timori, ha raccontato del Sankara più umano a distanza di anni dopo la sua morte. Marie-Angélique Savané spiega che Sankara «aveva un carisma straordinario, era pieno di forza e di energia. Quando entrava in una stanza era impossibile non ammirarlo e stare a vedere che cosa avrebbe detto».
Profondissima la sua ammirazione che ancora oggi nutre per il presidente. Nel 1983, anno del suo arrivo al potere, questa donna senegalese lavorava alle Nazioni Unite e presiedeva la prima associazione femminista del Senegal. Racconta di essere sempre stata contraria ai colpi di stato, pensando che non fossero il metodo adeguato per l’ascesa al governo. Ma in quegli anni, in Africa, non c’era traccia di libertà di espressione, né di alternanza, né di una vera democrazia. E Thomas Sankara arrivò con le migliori idee progressiste, con il suo discorso vicino al popolo, perchè non era il classico militare. In molti, come Savané, hanno fatto il possibile per conoscerlo, per ascoltarlo. Poco dopo il golpe, Marie-Angélique era in missione in Burkina Faso e chiese un’audizione con il presidente.  La funzionaria racconta che fu uno scambio fraterno, che venne colpita dalla sua gioventù (Sankara aveva solo 33 anni, due anni meno di lei). Era un capitano dell’esercito diplomato all’accademia nazionale ed aveva perfezionato la sua formazione all’estero e, beninteso, aveva perciò la sua maniera autorevole di dire le cose: con lei si mostrò sempre estremamente aperto e attento. Ricorda anche che le disse di conoscere molto bene l'esercito, ma che non era economista, né sociologo, né politologo e che, pertanto, voleva attorniarsi di gente ben preparata per trarre il Burkina Faso fuori della miseria.
Sankara tagliò drasticamente la spesa pubblica (o, meglio, lo sperpero di denaro pubblico), combattè ferocemente la corruzione, girava senza scorta e senza autista su una utilitaria Renault, spesso in bicicletta andava a conoscere direttamente la vita delle persone più disagiate del Paese.

L'ossessione di Sankara, oltre che il principale obiettivo di ogni rivoluzione benevolente, era quello di migliorare le condizioni di vita del suo popolo. Che la gente potesse nutrirsi correttamente, vivere degnamente, accedere all'istruzione, esprimersi liberamente era lo scopo del suo lavoro quotidiano. Diede una svolta radicale all’economia della Nazione Burkinabé, concentrando tutti i suoi sforzi per lo sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento, creando centinaia di mini-dighe, promuovendo e proteggendo la produzione locale di fronte ai prodotti importati che affliggevano la già misera economia nazionale. Respinse qualsiasi aiuto internazionale che assomigliasse a un’elemosina ed era d’accordo solamente nel gestire sostegni che contribuissero a facilitare gli obiettivi che il suo governo si era prefissato, con grande soddsfazione di molte Ong che vedevano in tale atteggiamento un modello di gestione dell’assistenza estera.

Come riportato anche da Wikipedia, in 4 anni 2 mesi di amministrazione, il governo Sankara fece quanto segue: vaccinati 2.500.000 bambini contro morbillo, febbre gialla, rosolia e tifo (l’Unicef stesso si complimentò), creati presidi di salute primaria in tutti i villaggi del Paese, aumentato il tasso di alfabetizzazione, realizzati 258 bacini d'acqua, scavati 1.000 pozzi e avviate 302 trivellazioni, realizzate 334 scuole, 284 dispensari-maternità, 78 farmacie, 25 magazzini di alimentazione e 3.000 alloggi, avviati programmi di trasporto pubblico (autobus), combattuti il taglio abusivo degli alberi, gli incendi del sottobosco e la divagazione degli animali, costruiti campi sportivi in quasi tutti i 7.000 villaggi del Burkina Faso, soppressa la capitazione e abbassate le tasse scolastiche da 10.000 a 4.000 franchi per la scuola primaria e da 85.000 a 45.000 per quella secondaria.
Quasi tutte queste riforme, estremamente innovative per un paese africano degli anni Ottanta, furono annullate dal susseguente regime di Blaise Compaoré.
Quest’ultimo era il vice di Sankara ai tempi della “rivoluzione del 4 agosto”, ma preferì adeguarsi al costume della corruzione, dopo che il presidente si inimicò Francia, Inghilterra ed Usa a causa della sua volontà di non restituire i soldi del debito, contratto dai precedenti politici corrotti dell’Alto Volta. Sankara è un esempio di virtù umana ineccepibile tanto che il manipolo di profittatori interno, affiliato al suo stesso governo e capeggiato dal “fratello Compaorè”, lo condannò a morte.
Ancora oggi vigono molte incertezze su cosa accadde davvero a Sankara e ai 12 collaboratori-ufficiali uccisi nell’attentato. È molto significativo, però, che Compaorè tentò di ostacolare ogni indagine sull’assassinio del presidente, rimanendo in carica come dittatore per oltre 20 anni, con l’appoggio delle  “famose democrazie occidentali”.

«Mentre i rivoluzionari in quanto individui possono essere uccisi,
nessuno può mai uccidere le idee» - T. Sankara.

Paolo Pulcina

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